Berlino, 1934. Max e Rudy si amano, ma il regime nazista non tollera gli “invertiti”, i “bent”, e loro sono costretti a fuggire. I due giovani vengono arrestati dalla Gestapo e, sul treno che porta a Dachau, Rudy muore.
La vita diventa esistere, essere in qualsiasi modo. Tutto questo è in scena: tutto questo, nelle parole soffocate di Max, sta succedendo.
Al campo Max incontra Horst, imprigionato per aver sostenuto un movimento per i diritti degli omosessuali, e tra i due nasce una relazione, un lungo dialogo sotterraneo che non può mai davvero esplodere, ma che, proprio per questo, li tiene in vita. Le giornate si susseguono tutte uguali. Solo le condizioni atmosferiche mutano: fa molto caldo, fa molto freddo. L’uomo diventa nulla: restano solo le parole, sussurrate, pronunciate a mezza voce. Parlare non è concesso, ma si può fare, si possono ingannare i Kapò, perché solo chi continua a parlare riesce a rimanere uomo. La parola, come l’uomo, è scarnificata. L’azione è ridotta a piccoli gesti, all’avvicinarsi e allontanarsi in uno spazio ristretto e claustrofobico. Il tutto immerso in una scenografia alle volte malinconica e altre aggressiva. Un reticolato di filo spinato, due sgabelli improvvisati, una luce fioca, in cui anche la musica cerca di trasbordare dai confini del campo. Al male si contrappone l’amore, motore silenzioso di tutto il dramma nel suo sviluppo dialettico: al rimpianto di un amore morto con Rudy si sostituisce la dolcezza di un amore nuovo tra il sentimentale e il carnale, mai consumato fino in fondo, tra Max e Horst.
Di Martin Sherman
Con Daniele Baldassare, Andrea Madaro, Mattia Ricciardelli.
Produzione ITACA Associazione Teatrale
Categoria: Drammaturgia Contemporanea
Durata 60 min
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