Nel primo movimento del Dittico - Il Frutto - Ida e Ada sono due donne sole. Una è la donna chiara, l'altra è la donna scura. Ida e Ada sono state entrambe abbandonate da uomini approfittatori, che da loro volevano solo una cosa.... quella cosa là.
Tra Ida e Ada c'è un segno di confine, che delimita i loro spazi vitali. Ma questo confine non è un muro, piuttosto una membrana permeabile che mette Ida e Ada in comunicazione, pur tenendole separate. Tra Ida e Ada c'è un albero di mele. A chi appartiene? Chi lo ha piantato? Chi ha diritto a godere del frutto che ne nasce?
Dalle mele si sviluppa l'intreccio; a causa delle mele Ida e Ada dovranno necessariamente affrontare i propri demoni: il rapporto morboso e fallimentare con gli uomini della propria vita, amanti di una notte, un marito che è scappato, un figlio che probabilmente è stato punito per espiare tutte le colpe del genere maschile.
L’intera idea di messa in scena si incentra sul binomio “accogliere” e “rifiutare”, che si trasformano nel modo in cui le due attrici manipolano i pochi elementi scenici attorno a loro (due sedie, un telo) ma soprattutto nel modo in cui si toccano, si cercano, si accarezzano, si affrontano aggrappandosi l’una all’altra come se ognuna rappresentasse la speranza ma anche la nemesi reciproca.
Nel secondo movimento - Gli strumenti della bramosia - una donna irachena, intenta a curare i fiori del suo giardino, narra la sua vita trascorsa sotto il regime di Saddam Hussein e l’occupazione americana durante la Guerra del Golfo. Nel giardino c’è uno splendido albero di datteri, forte, alto, centenario. Ma gli alberi sono sempre associati al maschio. Alle donne è riservato il mondo dei fiori, più delicati, colorati, profumati. Un mondo di bellezza.
La protagonista non può vivere di quella bellezza, perché le è negata dalla storia violenta e repressiva del suo paese. Lei deve essere forte come un albero, radicarsi, e resistere alle tempeste scatenate dalla repressione della polizia segreta, prima, e dalle bombe americane, poi. Deve proteggere la sua famiglia, i suoi figli, consapevole che fallirà. Trova rifugio nella poesia. Trova
rifugio nei gesti quotidiani con cui innaffia, pianta e cura le pianticelle.
Il suo è un rapporto carnale, passionale col giardino e con quello che inizia a rappresentare, ovvero un luogo di ricordi e nostalgia in cui i fiori ed i vasi diventano metafore di vite spezzate, di paura e di dolore. È una donna consapevole della sua finitezza davanti al potere delle armi, ma proprio quella consapevolezza le dona una voce critica che è, assieme, pensiero ed azione.
Insieme, le tre donne protagoniste de Il Frutto e de Gli strumenti della Bramosia incarnano un femminile mitico e terribile, evocativo delle tragedie dell'antica Grecia, ma strenuamente moderno ed immerso nel mondo che tutti noi abitiamo.
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